CULTO BORI NIGER - GIORGIO CINGOLANI Antropologo e Regista

GIORGIO CINGOLANI
Antropologo e Regista
Vai ai contenuti
Les génies font la fête
Possessione e divinazione in Niger

Saadou
La musica bori è una musica di possessione, sono cresciuto con lei, ho visto i miei genitori mentre facevano la danza di possessione, sono nato e cresciuto con questa musica e fino a prova contraria, canto le canzoni del bori per valorizzarle, modernizzarle, mettere cio’ in valore sul piano internazionale.”

Ripresa Saadou
Cosa penso del Bori, una volta il bori si suonava se c’era stato un buon racccolto, dopo un buon raccolto, la gente si diverte, si diverte… »

Il culto bori, oltre a non essere considerato come una pratica esoterica e misteriosa, è riconosciuto dal Ministero dell’Interno, che gli attribuisce 5 obiettivi :
1- Il consolidamento dell’unità nazionale;
2- La protezione e la diffusione della pratica occulta ;
3- Lo sradicamento di certe malattie che affliggono la società
4- La valorizzazione della farmacopea tradizionale, resa più efficiente da nuovi metodi ;
5-L’emancipazione della donna.
Le pratiche terapeutiche sono una delle attività principali degli adepti del Bori in Niger, i quali hanno il compito di curare le malattie causate dalle divinità, che manifestano cosi’ la loro trascendenza. La malattia è un percorso obbligato, una sofferenza necessaria alla conoscenza.

Intervista à Salissou:
Quando ci portano un ammalato, prendiamo 100 CFA e li mescoliamo ai cauris, poi lanciamo i cauris, la configurazione presa ci permette di leggere il responso del Bori. Se la persona è posseduta, lo vediamo con i cauris, se non lo è diciamo all’ammalato che il suo problema non rientra nelle nostre competenze »

Per curare il malato, gli adepti associano alle pratiche simboliche, la conoscenza della farmacopea tradizionale.
La validità terapeutica del rito è determinata culturalmente: la cura sarà efficace fino a quando la cultura locale ne condividerà la validità e continuerà a trasmettere le conoscenze botaniche.
Il rito, nella sua accezione terapeutica, da un lato funziona come rituale simbolico di riscatto dal malessere del soggetto in cura; dall’altro funziona come “contenitore” di conoscenze botaniche proprie a clan specifici, spesso mantenute segrete per il loro carattere esclusivamente ereditario.
Qui, Salissou, guaritore, prepara la medicina: miglio bollito, radici e cortecce pestate.
Il rito di guarigione prevede anche la partecipazione di musicisti specializzati nell’invocazione e nel richiamo delle divinità, cosi’ come di quella di altri iniziati
che assistono il malato.
Le spese della cerimonia sono a carico della famiglia.

Padre del giovane Peul
L’anno scorso moi figlio e tutti i ragazzi della sua età, sono stati posseduti dai Bori, gli altri sono guariti, solo lui è rimasto malato, molto malato, siamo andati all’ospedale, siamo andati dai guaritori tradizionali, abbiamo speso molto. Solo ieri ho iniziato a credere che c’era una speranza che guarisca, perchè ieri, solo ieri, dopo 10 mesi, è riuscito a dormire. »
Il malato, se deve essere iniziato, rimane una settimana a casa dell’adepto. Durante la giornata gli viene somministrata una zuppa di miglio o del latte contenenti la polvere di piante e di radici pilate. Spesso le pratiche terapeutiche non conducono all’iniziazione : si tratta solo di un « richiamo » delle divinità, spesso divinità di famiglia, che non vogliono essere dimenticate, secondo l’interpretazione dei guaritori, e che chiedono un sacrificio in cambio della salute. La persona, in seguito rimmarrà in una relazone di amicizia con la divinità, ma non sarà posseduta.
La divinità spesso esercita il suo potere dapprima come castigatrice e comunque persecutrice della persona, ma poi, vista la fedeltà del soggetto nei suoi riguardi- come protettore perenne ; tanto da poter divenire sua custode nel caso la persona divenga adepta-terapeuta.

Intervista al giovane peul:
Q: “ Come ti senti ora?”
R : « Sto’ meglio. »
Q : « Riesci a dormire ? »
R : « Si. »
Q : « Quindi c’è stato un cambiamento»
R : « Si. »
Q : « Tuo padre ci ha detto che non riuscivi a dormire e adesso ? »
R : «Si, ieri ho dormito. »

Anche per le Adellai la malattia è un segno delle divinità.
Le Adellai sono una nuova confreria, sorta circa vent’anni fa, composta esclusivamente da donne. Spesso provengono dall’ambito Bori e nella maggior parte dei casi non praticano più il culto Diventano Adellai dopo una lunga malattia, che si conclude con la visione di « divinità- profeti »

Intervista a un’Adellai :
« Cio’ non si eredita, è un dono di Dio, ma si presenta sempre dopo una malattia, una sofferenza. Certi diventano pazzi da legare, quando ritrovano la salute, scoprono allo stesso tempo di possedere questo dono. Ci sono della persone che muoiono e che ritornano alla vita dotate di questo dono. Sa, ho sempre creduto che Dio ti mostra la sua grandezza quando ti impone una sofferenza e in seguito ti gratifica con questo dono »
Anche per le Adellai, come per gli adepti Bori, la malattia è un sine qua non dell’adesione al culto, ma in questo caso il valore dell’ « eredità » è stato sostituito da quello di « dono divino ».
In questo caso, diversamente dal culto Bori, dove gli spiriti si ereditano, essi sono considerati come un dono divino.
Un’altra differenza rispetto al Bori si situa a livello del panheon, che è costituito unicamente da divinità musulmane, mentre alcune divinità Bori non praticano l’Islam
Le adepte guariscono in seguito alla preghiera e ad una rivelazione, nel corso della quale le divinità in questione le indicano il trattamento che le condurrà alla guarigione. A guarigione ottenuta, l’adepta organizza una festa animata da danze e dal suono delle calebasse, che si conclude con il sacrificio di un montone.
Le Adellai si considerano più musulmane rispetto agli adepti Bori, perchè le loro divinità hanno tutte il Corano.

Continuazione dell’intervista all’Adellai :
Noi siamo musulmani, non c’è nessuna differenza, rispettiamo tutti i pilastri dell’Islam, ma siamo dotati di un potere che non concerne tutti i musulmani.”

In Niger, l’Islam è praticato dal 98% della popolazione. La sua tradizione risale al Medio Evo. Nello stato di Katsina, il cui capoluogo è Maradi, la dinastia che governava verso il 1451, era già convertita all’Islam, ma l’islamizzazione diviene un fenomeno di massa solo nel XX secolo.
Qusto processo varia da una regione all’altra : le regioni di Maradi e di Tibiri, più vicine, anche dal punto di vista storico, alla Nigeria, dove alcuni regioni del nord praticano la Sharia o legge islamica, sono le regioni maggiormente islamizzate.
Le feste seguono il calendario musulmano : oggi si festeggia la Tabaski.
La Tabaski o Aïd el- Kebir, o ancora la « Grande Fête » o « festa del Sacrificio », è la più grande festa dell’Islam. Commemora il giorno nel quale Dio domando’ ad Abramo di sacrificare suo figlio come testimonianza di fede, ma in seguito, per clemenza, Dio salvo’ il bambino, al suo posto fu sacrificato un montone.
Il giorno della festa, ogni famiglia deve sacrificare un montone : onere difficile da sostenere, poichè il prezzo dei montoni è molto alto.
Per i fedeli, è l’occasione di chiedere perdono a Dio e agli uomini per i peccati commessi. E’anche il momento nel quale si celebra l’unità della comunità.
La Tabaski è presieduta dallo chef del Gobir, provincia della quale Tibiri è il capoluogo.
Il « sultano » del Gobir, o « Sarki » è il capo della comunità musulmana, la sua elezione è considerata il frutto del volere divino.
Dopo essere stato nominato, diventa l’omologo de sovrani musulmani e le preghiere sono dette in suo nome.

Intervista allo Chef de Province
La Tabaski, è una festa religiosa. E’organizzata da Inna, dal Sarkin bori ; ognuno ha il suo compito. Io mi occupo di tutto, ma in particolare dei marabutti ; Inna si occupa degli adepti del Bori »

La Inna, donna di lignaggio reale è scelta dallo Chef, spesso è sua sorella. La sua autorità si esercita su tutti gli adepti del Bori.
Il suo personaggio fa parte di una tradizione, secondo la quale, ad un’epoca anteriore alla costituzione delle dinastie hawsa, sorte dall’alleanza tra un eroe e la regina di Daura, capitale del regno, il potere sarebbe stato detenuto dalle donne.
A Maradi e Tibiri il Bori non è vissuto come una religione, ma come una pratica tradizionle. Gli adepti si dichiarano musulmani.
Alcuni adepti hanno anche effettuato il Pellegrinaggio alla Mecca, con la speranza di andare in paradiso. In effetti, l’aspirazione all’aldilà non trova soddisfazione nella pratica del Bori.
Intervista a Inna :
« Ho adempiuto il dovere del Pellegrinaggio alla Mecca e quando devo fare il Bori, mi tolgo questa collana di « hadja », simbolo del Pellegrinaggio. Avete visto che c’è una moschea davanti a casa mia e che la gente prega, penso che l’uno non escluda l’altro, ho rispettato i 5 pilastri dell’Islam, l’Islam ha il suo spazio, il Bori ha il suo. Se ci considerano peccatori, chiediamo perdono a coloro che lo pensano, ma il Bori non va contro la religione. I nostri avi non hanno conosciuto la religione, ma se la sono cavata bene con il Bori. »
Le manifestazioni collettive coincidono sia con le feste islamiche sia con le feste di tradizione Anna o preislamiche. L’Islam non ostacola le altre pratiche, come quella del Bori.
Nelle regioni di Maradi e Tibiri questa tolleranza deriverebbe dal fatto che il Bori è sostenuto dalla chefferie locale. Il Bori è considerato il « guardiano della tradizione della chefferie »
Il venerdi che segue la Tabaski tutti gli adepti, che vivono alla corte di Inna per 14 giorni, si recano in corteo al palazzo dello Chef, per uno scambio di saluti.

Intervista Chef de Province
« Qui, nel Gobir, la nostra religione, l’Islam, che noi pratichiamo, è veramente pacifica, aperta, non è vero ? Noi collaboriamo in ogni caso con gli adepti del Bori, perchè non credono di essere Dio. »
Le istituzioni, a differenza di alcune regioni della vicina Nigeria, praticanti la Sharia, affermano molto spesso che il Niger è uno stato laico : la laicità è messa in primo piano rispetto all’identità religiosa.
La festa riunisce musulmani e adepti del Bori alla corte dello chef.
Sebbene si tratti di un sovrano musulmano, lo Chef compie, durante l’intronizzazione, dei sacrifici destinati alle divinità preislamiche : si tratta delle divinità della religione Anna, culto clanico associato soprattutto all’eredità del mestiere. Ogni mestiere possiede delle divinità protettrici, dei luoghi di sacrificio, degli altari.
Spesso le antiche divinità Anna, sono state assimilate ai djinns islamici e quindi considerate come legittime, come nel caso delle divinità Bori.
Il panthéon Bori è di gran lunga più numeroso di quello Anna, poichè riunisce le divinità di quest’ultimi, che hanno perduto in generale la loro identità associata al mestiere o alla natura e le divinità associate alla struttura della chefferie.
Inoltre, accanto alle divinità del territorio, si aggiungono continuamente le divinità straniere, provenienti da altre regioni del Niger, ma anche dall’Europa, dalla Cina…
Adepti del Bori, Anna e musulmani contribuiscono alla protezione del Gobir.
Da parte sua, la Inna, affiancata dal Sarkin Bori, si occupa di tutte le manifestazioni collettive.



Intervista Sarkin Bori :
Dopo la preghiera di Iddi, i festeggiamenti cominciano, al suono dei tamburi, davanti alla corte dello Chef e gli adepti montano i Bori. Ce ne sono che montano su Duna, su Dogwa, su Massasao, sono tutti spiriti, quel giorno potete montare su qualsiasi, senza ragione, non vi succederà nulla perchè è una festa. »
La festa è un susseguirsi di danze e scherzi.
Gli adepti affermano di essere in comunicazione con i Bori per 14 giorni : dall’inizio della Tabaski alla fine del Boudin Dadji.
I musicisti chiamano le divinità che si manifestano al suono della loro divisa.
La possessione è la forma che prende la divinità: è il corpo dell’adepto che nell’atto diviene divinità.
Le divinità invocate per curare o per avere dei responsi, diventano i protagonisti delle feste pubbliche e delle cerimonie organizzate in diverse occasioni.
Durante queste cerimonie, possono manifestarsi con molta violenza : i gesti appresi durante la cerimonia d’iniziazione o Girka, accompagnano il messaggio della divinità. La musica conferisce ritmo al gesto.
L’adepto puo’ divenire anche il “griot des génies”, dei quali celebra le qualità, partendo dalla genealogia , per arrivare alle caratteristiche che dimostrano la sua potenza.
Alla fine dei riti d’iniziazione, che durano 7 giorni e che si concludono con la guarigione di colui che è ormai un adepto, i partecipanti ringraziono le divinità, che anche in questo caso si manifestano con molta energia.
Le divinità straniere, come Sarkin Rahi, che viene dalla Nigeria, hanno delle transe molto evidenti, altri, spesso i più anziani, « non fanno la festa ».
Gli adepti del Bori partecipano anche alle cerimonie del calendario anna, comme nel caso del Boudin Dadji o ouverture de la brousse.
Il Boudin Dadji è un insieme di cerimonie che durano quattro giorni e che hanno il fine di prevedere l’andamento dell’annata agraria, delle piogge.
E la cerimonia della rinascita, della purificazione e soprattutto della divinazione.
Il Boudin dadji è anche un’occasione per incontrarsi, che conferma i rapporti di amicizia, diviene anche un luogo di regolamento dei conflitti.
Gli adepti si spostano di villaggio in villaggio, secondo il calendario delle feste.
Il boudin dadji del Gobir inizia nel villaggio di Baramaka, a 12 chilometri da Tibiri, è il villagggio del Sarkin ruwa, o chef dell’acqua, erede delle conoscenze del mondo della caccia e della pesca.
Intervista al Sarkin Ruwa
« All’inizio del quarto mese, lo Chef de Province ci convoca tutti e si inizia la cerimonia una domenica, i bambini vanno nel bosco a raccogliere la legna, noi facciamo un gran fuoco che costituisce la cerimonia d’apertura. Assieme ai guaritori tradizionali, consultiamo gli spiriti per sapere se sarà una buona annata »
La festa del Boudin Dadji inizia una domenica sera con una cerimonia di geomanzia, che è effettuata da veggenti che appartengono a clan specializzati.
I veggenti interrogano la terra per prevedere le sorti del paese e in particolare la stagione delle piogge. Determinano i sacrifici che ogni sovrano dovrà effettuare affinchè le minacce previste non si verifichino.
Voce del Sarkin Ruwa
« Ognuno ha il suo metodo per procedere, i malamai ad esempio, lo fanno con i gambi di miglio, noi invece posiamo la mana sulla terra e vediamo dei segni che ci permettono di tradurre il responso. »
Gli adepti del Bori partecipano alla divinazione che concerne la collettività, ma allo stesso tempo considerano il Boudin Dadji come un periodo favorevole alla divinazione individuale.

Intervista a Amadou
« Il Boudin Dadji è il periodo favorevole per curare gli ammalati e per predire l’avvenire e tutti sono soddisfatti.
Molte persone vengono a consultarci, non solo perchè sono ammalate, ma anche per dei problemi di povertà, di amore, di fallimento o per curiosità e in generale se ne vanno tutti soddisfatti, con la volontà di Dio. »

Il martedi le cerimonie si svolgono in un bosco sacro, chiamato kurunkuruki, vicino a Tibiri. Sono presiedute da Sarkin Mazu, dignitario della vecchia chefferie di Mazu. Il rito è effettuato da un clan di cacciatori, il cui capo si chiama Basare. I veggenti officiano accanto ai cacciatori.
Gli adepti del Bori si aggiungono alla cerimonia La birra di miglio è versata in segno di offerta. Allo stesso tempo i cacciatori sacrificano i polli.
Il mercoledi, gli adepti si ritrovano a casa di Inna per organizzare il tradizionale assalto al mercato. Il corteo si forma, percorre le vie del villaggio che conducono alla piana del mercato di Tibiri. I commercianti devono offrire qualcosa a Basare, come simbolo di partecipazione. Un tempo, l’animale da sacrificare in certe cerimonie veniva comprato dopo aver raccolto, casa per casa, del miglio, che in seguito veniva venduto al mercato, con il ricavato si procedeva all’acquisto. Questo procedimento si sarebbe succeduto ad un furto rituale non più permesso. Furto e acquisto sono considerati come dei modi di garantire l’imparzialità di un rito collettivo.
L’ultimo giorno del Boudin Dadji, tutti gli adepti, che in questo caso sono circa 900, si riuniscono attorno ad un albero che si trova alla porta ovest di Tibiri, e che è considerato come la residenza del serpente, sposo di Dogwa Baka.
Dogwa Baka, chiamata anche Inna, assicura i riti propiziatori al benessere della chefferie. È venerata dai cacciatori, per i quali è di norma una divinità ereditaria. Ma, ha acquisito, passando dal pantheon anna a quello Bori l’identità della regina fondatrice degli stati hawsa. Il suo templio si trova nel palazzo dello Chef.
Inna, vestita con gli abiti di Dogwa Baka, officia il rito annuale di offerta al serpente che conclude il ciclo di festività iniziate 14 giorni fa.

Il campionato di lotta tradizionale, che quest’anno si è svolto a Maradi è la manifestazione sportiva più importante del Niger. Il giorno di apertura tutte le autorità dello stato sono presenti.
Gli adepti del Bori formano un corteo. Si invocano le divinità, i lottatori portano dei gris-gris.
Un’adepta di Tahoua racconta che suo fratello maggiore, che era un lottatore, le aveva donato il genio della lotta, Arnia. La divinità che gli aveva fatto vincere il campionato, gli chiese come ricompensa il corpo della sorella : è attraverso questo corpo che voleva mostrare la sua potenza.
Un corpo ricettacolo, un corpo memoriale, un ricordo personale ne evoca un altro legato alla collettività, al villaggio…il rapporto ad una realtà esterna, incotrollabile, sfuggente, vissuta senza possederla, che puo’ esprimersi solo tramite il corpo.
Contatti e info
GIORGIO CINGOLANI
Via dei Bersaglieri, n. 5
62019 Recanati (MC) Italia
tel. (+39)3487401308
email: giorgiocingolani@gmail.com
COPYRIGHT
Licensed under Creative Common Attribution 4.0
Se volete utilizzate in forma non commerciale
il materiale fotografico o i testi presenti
in questo sito si prega di citare l'autore come forma
di rispetto e onestà intellettuale. Per un utilizzo commerciale
di tale materiale si prega di contattare l'autore.
Torna ai contenuti